GUERRA E CONSEGUENZE PSICOLOGICHE

La prima guerra mondiale è il primo contesto bellico a partite dal quale possiamo più precisamente riferirci alle malattie mentali associate alla guerra. Nel 1915 sulla rivista medica Lancet, lo psicologo Myers descriveva chi tornava dalla guerra con l’espressione: “Shell Shock”, cioè affetto da shock da bombardamento. I sintomi che presentavano i soldati erano vari: tremori, ipersensibilità ai rumori e alla luce, tachicardia, rigidità, mutacismo, dissociazione dalla realtà e crisi di pianto: erano i cosiddetti “scemi di guerra”.

 

La storia ci insegna quindi che la guerra produce ferite psichiche incommensurabili: queste si tramandano per molte generazioni e tutti noi ne siamo coinvolti, non solo chi è stato in prima linea a combattere. 

 

La recente guerra in Ucraina è la conferma che l’uomo purtroppo per sua natura tende a ripetere gli errori e ad agire spinto da emozioni (spesso negative); l’attuale conflitto ha sconfessato per l’ennesima volta il principio (che si pensava generalmente acquisito) secondo cui ci sono strumenti più efficaci dei conflitti armati, quali dialogo e diplomazia. Proprio per questo motivo di questi tempi è normale sperimentare un senso di incredulità e destabilizzazione, ed è normale lasciarci sopraffare dall’ansia e farci colpire dallo scetticismo e dal pessimismo nei confronti del futuro.

 

Ma come si può gestire quest’ansia da guerra?

  • Una volta riconosciute le nostre emozioni, cerchiamo di parlarne con un amico o con un familiare. In questo modo i pericoli si relativizzano e le paure si ridimensionano
  • Cerchiamo di dare maggiore spazio alle good news e guardiamo le notizie della guerra solo in determinati e pochi momenti del giorno (è vero che la conoscenza rende forti, ma è altrettanto vero che può portare al catastrofismo)
  • Cerchiamo di concentrarci su ciò che possiamo controllare, sul presente e sulla nostra salute (purtroppo le decisioni politiche non sono nelle nostre mani);
  • Cerchiamo di impegnarci in una campagna di aiuti umanitari, ma senza perdere di vista la nostra vita qui ed ora

 

Se ci si sente particolarmente ansiosi, se non si riesce a pensare ad altro che alla guerra (e alle sue conseguenze) e se ci si sente incapaci di svolgere tranquillamente le azioni di vita quotidiana, è utile chiedere aiuto ad un medico e/o ad uno psicoterapeuta. 

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