"Lavorare su di sé” è un’espressione sempre più diffusa, soprattutto sui social, nei contesti terapeutici e nella crescita personale. Ma cosa vuol dire?
Un processo di consapevolezza
Lavorare su di sé significa iniziare a osservarsi con onestà: riconoscere le proprie emozioni, i propri schemi di comportamento, le fragilità e le risorse. Non si tratta di diventare “perfetti” o di eliminare ogni difficoltà, ma di acquisire consapevolezza di come funzioniamo, soprattutto nelle relazioni con gli altri e con noi stessi.
Comprendere i propri schemi
Spesso reagiamo in automatico: un tono di voce ci irrita, una critica ci ferisce profondamente, il silenzio dell’altro ci fa sentire rifiutati. Dietro queste reazioni ci sono schemi emotivi appresi, spesso risalenti all’infanzia. Lavorare su di sé significa riconoscere questi schemi e chiedersi: “Cosa mi fa reagire così? Da dove arriva questa emozione?”
Non è un percorso lineare
Ci sono momenti di grande crescita, seguiti da fasi di stallo o ricadute. E questo è del tutto normale. Lavorare su di sé significa accettare la complessità del proprio percorso, senza aspettarsi risultati immediati. È un lavoro che richiede tempo, pazienza e, spesso, il supporto di un professionista.
Il ruolo della psicoterapia
Uno spazio di psicoterapia può offrire un contenitore sicuro in cui esplorare emozioni, pensieri e vissuti. Il terapeuta non dà soluzioni “pronte”, ma aiuta a fare chiarezza, a dare un senso a ciò che si prova, a costruire nuove possibilità. In altre parole, aiuta ad “abitare” se stessi con maggiore autenticità.
Perché ne vale la pena
Lavorare su di sé porta a:
- relazioni più autentiche e meno conflittuali;
- maggiore stabilità emotiva;
- capacità di fare scelte più consapevoli;
- una migliore gestione dello stress e dei momenti di crisi.
Non si tratta di cambiare chi siamo, ma di conoscerci meglio per vivere con più libertà, equilibrio e rispetto di noi stessi.